Naar-Phu Valley, Nepal
- FS-Photography SHOP
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 8 min
Dieci giorni da sola nel cuore dell’Himalaya, tra villaggi nascosti, passi oltre i 5000 metri e paesaggi sospesi nel tempo. Un cammino di silenzi, incontri e meraviglia, dove ogni passo diventava un dialogo con la montagna e con me stessa.
Le settimane prima della partenza le ho trascorse nel monastero di Pokhara, dove ho insegnato fotografia ai piccoli monaci.Tre settimane intense e piene di vita: giornate scandite dal suono delle campane, risate dei bambini e momenti di profonda gratitudine.Ogni mattina, tra il profumo del tè al burro e la luce che filtrava tra le bandiere di preghiera, sentivo crescere in me un desiderio forte: quello di tornare a camminare tra le montagne.
La decisione di partire per la Nar Phu Valley è nata quasi naturalmente, come un proseguimento di quel cammino interiore iniziato con i miei piccoli monaci.Un modo per ritrovare silenzio, respiro e solitudine, dopo settimane di condivisione e affetto.
Day 1|Pokhara → Besisahar → Koto
Sistemazione: Walnut Hotel & Restaurant Guest House
Lasciato il monastero di Pokhara, mi metto in viaggio in taxi verso Besisahar, e da lì una lunga e traballante jeep condivisa fino a Koto (2600 m). La strada sterrata corre lungo la Marsyangdi Valley, tra cascate, ponti sospesi e villaggi che si aggrappano alla montagna. È l’inizio di una nuova avventura, questa volta in cammino verso nord, ai confini con il Tibet.
Day 2|Koto → Meta
Sistemazione: Guest House a Meta
Primo giorno di cammino, e le sensazioni sono già perfette.«Sto da dio!» scrivo — la guida e il porter, due ragazzi giovani e viaggiatori, sono simpatici e pieni di energia.Attraverso una valle profonda, quasi un canyon, dove il fiume scava e leviga le pietre.Il paesaggio cambia lentamente: da una vegetazione rigogliosa, quasi marittima, si apre infine un panorama più arido e desertico. È l’ingresso nella valle di Nar e Phu.
Sul cammino incontro Freddi e Gerard, due alpinisti austriaci diretti all’Himlung, e la loro guida, un veterano dell’Everest. E, ovviamente, non manco di cambiare i programmi al volo: «Ho deciso di unire due tappe in una, domani arrivo direttamente a Phu!»
💭 “Sento di voler essere leggera e camminare senza troppi ragionamenti. Ascoltando Bonatti, mi ritrovo nelle sue parole: quella voglia di muoversi, di scoprire, di cercare sempre qualcosa di più. Forse non sono come lui, ma mi sento meno sola.” 🌙
Day 3|Meta → Phu Gaon
Sistemazione: Guest House a Phu
Una tappa lunga e incredibilmente scenografica.Da Meta mi inoltro nella valle desertica di Phu, dove il paesaggio cambia completamente: le montagne si fanno spoglie, i colori della terra virano dal rosso al grigio, e il vento diventa costante compagno di viaggio.
Ogni tanto, lungo il cammino, un tempio tibetano isolato o un ponte sospeso decorato da bandiere di preghiera ricorda che anche qui, dove la vita sembra quasi impossibile, l’uomo ha lasciato segni di spiritualità e resilienza.La valle è immensa, silenziosa, e la sensazione è quella di camminare in un luogo sacro.
Dopo ore di cammino, arrivo finalmente a Phu Gaon (4200 m), un villaggio antico incastonato tra le rocce, dove il tempo sembra essersi fermato.
💭 “Il paesaggio oggi sembrava appartenere a un altro pianeta. Ogni passo era un invito al silenzio, un modo per entrare dentro qualcosa di più grande.”
Day 4|Phu → Himlung Base Camp (4850 m) → Phu
Sistemazione: Guest House a Phu
Partenza presto per una delle giornate più forti e indimenticabili del trekking.Il sentiero sale progressivamente, l’aria si fa più sottile e fredda, e la vista sulle montagne diventa sempre più grandiosa.
Arriviamo al campo base dell’Himlung Himal, a 4850 metri.Davanti a noi una morena gigantesca, e tutt’intorno le vette innevate che si innalzano come mura di pietra e ghiaccio.Ci fermiamo presso una tenda di spedizione e chiediamo un piatto di noodle fumanti e un tè caldo: un momento semplice ma straordinario, sotto l’imponenza delle montagne.
Nel pomeriggio, rientrata a Phu, visito il villaggio ormai quasi completamente abbandonato, un luogo sospeso nel tempo. Salgo al tempio sacro, dove rimango da sola fino al tramonto. Il vento, i mantra in lontananza, la luce dorata sulle rocce… e le lacrime che arrivano da sole.
💭 “Ho pianto dalla potenza di quello che mi circondava. Era come se la montagna mi parlasse, ricordandomi quanto siamo piccoli e forti allo stesso tempo.” 🙏🏻
Day 6|Phu → Nar
Sistemazione: Guest House a Nar
Tappa impegnativa ma incredibilmente appagante.Da Phu a Nar in un’unica giornata, con 1200 metri di dislivello.Lungo la via visito un monastero dove ritrovo i miei monachelli, gioco con loro e partecipo alla puja pomeridiana — “è subito tornato il feeling di felicità e spensieratezza che mi danno!”.
Arrivando a Nar, a 4200 metri, mi accolgono yak, muli carichi di legna e donne che raccolgono sterco per bruciare.Il villaggio è autentico, vibrante e pieno di vita.
💭 “Non è sempre facile. Ci sono momenti in cui mi sento stanca o fragile, ma poi guardo intorno e capisco quanto mi sto conoscendo. Forse questa è felicità: sfidarsi, sentirsi vivi, imparare a stare bene anche fuori dalla comfort zone.” 🌙
Day 7|Nar
Sistemazione: Guest House a Nar
Dopo giorni di cammino, oggi finalmente mi fermo. Il corpo ringrazia, e anche la mente.La mattina scorre lenta, fatta di silenzio, riposo e una lunga tazza di tè caldo che profuma di burro e spezie. Mi sento rinascere, come se ogni cellula stesse recuperando fiato.
Verso pranzo incontro tre ragazze di Trento: sorrisi sinceri, racconti di viaggio, scambio di storie davanti a un piatto di riso caldo. È bello condividere, dopo giorni di solitudine, con chi capisce cosa significa camminare tra queste montagne.
Il pomeriggio si trasforma in una piccola magia. Due bambini mi fanno cenno di seguirli e, senza capire bene dove stiamo andando, mi ritrovo dentro un monastero chiuso, accolta da un monaco e una monaca che stanno preparando la puja serale. L’odore dell’incenso, i tamburi, il suono dei mantra: tutto vibra in uno spazio sospeso tra tempo e sacro.
Uscita da lì, passeggio per le viuzze del villaggio e una famiglia mi invita a sedermi davanti al fuoco.Mi offrono una manciata di popcorn tibetani e tè caldo, e intorno a me una bambina ride, gioca, mi prende la mano. Le regalo lo scooby doo che porto sulla macchina fotografica: lei mi guarda e sorride, come se fosse il dono più bello del mondo.
Poco dopo, un gruppo di ragazzi mi invita a bere birra di riso e tè al burro. Cantano canzoni tibetane, ridono, scherzano. Io sono lì, seduta accanto a loro, lontana da tutto, immersa in un’umanità semplice e autentica che mi scalda più di qualunque coperta.
💭 “Un rest day speciale, intenso, pieno di vita vera. A Nar il tempo sembra essersi fermato, e io ho avuto la fortuna di fermarmi con lui.”
Day 8|Nar → Kangla Pass (5320 m) → Ngawal
Sistemazione: Guest House a Ngawal
Partenza all’alba. L’aria è fredda, il cielo limpido, e il sentiero si arrampica deciso verso il cielo.È una lunga salita, faticosa, e la quota si fa sentire: il respiro corto, il cuore che batte forte, ogni passo che pesa. Ma la mente è lucida, presente, piena di gratitudine per essere lì.
Dopo ore di cammino arrivo al Kangla Pass (5320 m).Davanti a me si apre una visione impossibile da descrivere: le Annapurna IV e V emergono maestose, gigantesche, così vicine da sembrare a portata di mano.Il vento soffia forte, le bandiere di preghiera danzano, e io resto lì in silenzio, con le lacrime agli occhi.
💭 “A 5320 metri, circondata da montagne ancora più alte, ho sentito tutta la potenza dell’Himalaya. È difficile spiegare quell’emozione: era come se il mondo intero si fosse fermato, e io fossi solo un piccolo respiro tra le sue vette.”
Poi inizia la discesa. Cinque ore che sembrano infinite, tra pietra e polvere, fino alla valle del Gandaki.Quando arrivo a Ngawal, trovo una guesthouse bellissima, semplice ma accogliente, con una veranda che si affaccia sulla valle e sull’Annapurna.
Dopo sette giorni senza doccia, finalmente riesco a lavarmi — l’acqua è gelida, ma la sensazione è di pura rinascita.E poi, la civiltà: il telefono che si connette, i messaggi che arrivano, le voci dei miei cari che tornano a raggiungermi dopo una settimana di silenzio totale.
La sera mi siedo da sola sulla veranda, con una pizza al tonno e il cielo che si tinge di rosa dietro le montagne.La mia stanza è enorme, con una finestra sulla valle, e per la prima volta dopo giorni di isolamento mi sento al tempo stesso fragile e fortissima.
💭 “Sette giorni sola con me stessa. È stato difficile, ma anche incredibile. La montagna mi ha insegnato che il silenzio non fa paura, se lo si ascolta con il cuore.”
Day 9|Ngawal → Manang
Sistemazione: Guest House a Manang
Dopo la potenza del Kangla Pass, la tappa di oggi sembra quasi un respiro.Il sentiero corre tra colline morbide e panorami verdi, un continuo saliscendi nella valle dell’Annapurna. Dopo giorni di silenzi e spazi infiniti, tornano i suoni della civiltà: campanacci, jeep lontane, voci di altri trekkers.
Cammino per circa tre ore, godendomi la leggerezza del paesaggio che si fa più dolce, più vivo. Arrivo a Manang (3540 m), un piccolo centro animato — l’ultimo villaggio della valle raggiungibile in jeep. Dopo tanti giorni di isolamento, ritrovare la “civiltà” è quasi uno shock: ristoranti, negozietti, musica, e volti nuovi.
Passeggio tra le stradine di pietra, visito alcuni monasteri e poi mi fermo su un’altalena di legno, affacciata sulla valle, ad ascoltare un audiolibro sul buddismo tibetano.Il vento, le bandiere colorate e le parole calme che parlano di pace interiore — tutto sembra intrecciarsi perfettamente.
Più tardi incontro l’olandese conosciuta giorni prima nella valle di Nar Phu e ci fermiamo a fare merenda insieme in un piccolo bar di montagna. Sembra un ritorno alla semplicità: due viaggiatrici, un dolce, una tazza di tè caldo, e le montagne a farci da sfondo.
La notte, però, si rivela lunga. I topi che corrono tra le travi del soffitto, il corpo che non trova riposo, e la sensazione che qualcosa non va. La mattina successiva mi sveglio debole e stanca, con la testa pesante e una strana sensazione di svenimento — quella tipica pressione bassa che ogni tanto mi gioca brutti scherzi.
Provo a proseguire verso Tilicho Lake, ma dopo pochi passi capisco che il mio corpo mi sta chiedendo di fermarmi. Riesco a raggiungere l’unico medico del paese: mi misura la pressione e, con uno sguardo gentile ma fermo, mi dice che è meglio scendere di quota.
Day 9|Manang
Sistemazione: Guest House a Manang
Dopo una lunga notte e il consiglio del medico, mi sveglio sapendo che oggi si torna indietro. Salgo su una jeep carica di zaini, corde, persone, e mi lascio cullare dal rumore ritmico delle ruote sulla strada sterrata.Davanti a me sfilano i paesaggi che ho attraversato nei giorni scorsi: i ponti sospesi, i villaggi di pietra, i fiumi che scorrono impetuosi.Li guardo con gratitudine e una punta di malinconia.
Nove ore di viaggio tra polvere, curve e risate dei compagni di strada, e poi finalmente Besisahar, dove tutto era cominciato.Il giorno dopo un altro trasferimento, e rieccomi a Pokhara, la mia casa nepalese per un po’.
Appena arrivata, la sensazione è strana: dopo giorni di silenzio, il traffico, le luci, i rumori sembrano quasi irreali. Mi concedo una lunga doccia calda, la prima vera dopo tanto tempo, e una cena semplice. Poi mi infilo sotto le lenzuola, stanca ma serena, con il corpo che si rilassa e la mente che ripercorre ogni istante del cammino.
💭 “Non ho raggiunto il Tilicho Lake, ma forse ho raggiunto qualcosa di più importante: la consapevolezza di sapere quando fermarsi.Il viaggio non è finito prima — è finito esattamente dove doveva finire.”
Commenti